Il fenomeno culturale di Enrico V

Mito - Il personaggio cosciente

 

 

Attraverso i filtri posti sulla figura di Enrico V, ci ritroviamo una ponderosa mistura di storia e letteratura, così come di politica, media e opinione. Come cultura esistente circa seicento anni dopo la morte di questo Re, ricostruiamo la verità che riguarda la sua azione e le motivazioni. Noi conosciamo e usiamo la caratterizzazione che abbiamo creato durante i passati seicento anni. Due persone che hanno manipolato quest'immagine per i loro scopi sono Laurence Olivier e Kenneth Branagh. Questi due attori e registi hanno preso la versione romanzata di Shakespeare, l'hanno rimaneggiata a seconda delle loro idee politiche e del loro clima sociale, e hanno rinnovato 'Enrico V' per adattarlo alla sensibilità corrente. Il processo di documentazione e interpretazione storica, che iniziò con Enrico stesso, viene attestato dall'autore anonimo delle 'Gesta Henrici Quinti', illustrato e rafforzato da Shakespeare, e continua attraverso questi attori e, più importante, redattori.

 

Laurence Olivier (1944)

Laurence Olivier produsse Enrico V nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, come messaggio bellico alle forze armate dell'aviazione inglese. Il fotogramma d'apertura dedica loro il film:

Ai Comandi e alle Truppe d'Aviazione

di Gran Bretagna

lo spirito dei cui antenati è stato umilmente

richiamato dai successi ottenuti

Questo film è dedicato

 

La dedica di Olivier ispira 'i comandi e le truppe' della guerra a 'richiamare' lo 'spirito' dei loro 'antenati', come egli cerca di 'richiamarne' l'eroismo nella sua interpretazione. Prima dell'inizio di questa produzione, Olivier dichiara il suo sostegno per coloro che combattono in guerra. Questo particolare filtro trasfigura l'opera del Rinascimento. L'introduzione chiaramente delinea la genealogia delle forze combattenti per la Gran Bretagna come continuità diretta dei soldati dell'armata di Enrico, e in modo particolare focalizza il film per loro. Questa dedica sembra guidare in modo consistente la realizzazione di Olivier. Quasi 1700 versi vengono tagliati dall'opera per adattare i legami tematici per il film di Olivier. Particolari scene vengono tagliate perché il pubblico primario è dichiaratamente quello dei soldati al fronte. Olivier rimuove l'intera scena della cospirazione (2.2). Così come Shakespeare creò i membri storici della cospirazione per ragioni politiche rinascimentali, Olivier taglia la scena della cospirazione perché il pubblico non ha bisogno, in realtà non dovrebbe, riflettere sulla ribellione contro il re e la causa. L'Enrico di Olivier è un capo contro un nemico ronzante; il re Francese è rappresentato come un pazzo: il Delfino è raffigurato come effemminato e debole. Nessuno potrebbe opporre una guerra ad un tale nemico. Olivier, che sapeva che i tedeschi non erano né pazzi né deboli, creò il miglior nemico da affrontare per un motivato Paese di patrioti. La Gran Bretagna aveva bisogno di un modello di eroe. Olivier fornì questo ideale in Enrico V. La nobiltà di Enrico come re non è mai messa in questione; non risulta la necessità di una maturazione da Hal a Enrico. (Le scene riguardanti i vecchi amici di Falstaff e Hal furono pesantemente rielaborate e mai completamente realizzate per il pubblico. Falstaff muore tranquillamente e senza commenti o elaborazioni. L'impiccagione di Bardolfo non viene mostrata perché non era permesso mettere in questione la stabilità o l'autorità di Enrico). Il nemico a cui Enrico muove guerra è odioso e pazzo. La sua potenza è giusta; non è necessario contare su nient'altro che la sua potenza. La religione e i discorsi riguardanti l'onore non sono necessari a questo Enrico, in questo film.

Il tema della religione è drasticamente messo sotto tono e revisionato. Nel passo 1.2, durante il discorso sulla Legge Salica, Canterbury non è il Cattolico dello schema Shakespeariano, ma una figura clownesca incapace di concentrarsi sui suoi fogli. La scena della Legge Salica è rappresentata come comica; Olivier priva Canterbury ed Ely della loro solenne religiosità, e li rende personaggi comici minori incapaci di far propendere un re alla loro causa. Il pubblico del Globe ride forte in questa scena, l'unico momento comico del film. Questa scena gioca contro l'idea che la religione possa ispirare una guerra. Incapace di contare su altri da sé, Enrico, l'eroe forte, deve decidere da solo di entrare in guerra contro la Francia. Questa scena definisce Enrico come il vero e appropriato capo, senza bisogno di appoggio alla religione.

Le illusioni religiose sono comiche nel passo 1.1, e rimosse dal discorso di Enrico (4.1). Olivier taglia la supplica diretta a Dio di Enrico, portando avanti l'idea che il re sia pienamente competente nel comandare e motivare i suoi uomini in guerra, e non ha bisogno dell'aiuto o della pietà di Dio per salvarsi. Inoltre Olivier riduce le informazioni di sottofondo eliminando il nome di Riccardo II. Nominare Riccardo II necessita di qualificazioni storiche e, ancora, non è necessario che il pubblico venga a conoscenza dei precedenti storici di usurpazione. Come Shakespeare taglia la storia per motivi politici, così fa Olivier.

Le scene di Harfleur e Agincourt esemplificano l'ideale di guerra di Olivier. Non c'è sangue né dolore, perché a nessuno si deve rammentare che la guerra è davvero fatta di queste cose. I discorsi non sono così importanti come le scene di battaglia a venire, perché il risultato della guerra non è messo in discussione: non è necessaria alcuna motivazione per un'armata vincente. Non è l'onore ciò per cui l'Enrico di Olivier sta combattendo, ma la gloria di vincere.

La resa di Olivier del discorso di Harfleur (3.1) da motivazione ad uomini apparentemente già motivati. L'assedio non è un attacco violento; gli uomini non si trasformano in 'tigri'. Da soldati Inglesi, sono preparati abbastanza alla battaglia. Come gli 'antenati' dei comandi e delle truppe d'aviazione, essi sono già valorosi e guidati. L'altro discorso di Enrico agli abitanti di Harfleur, con la sua visione sanguinaria e la violenta minaccia, viene rimossa: come sempre, il nobile e giusto Olivier conserva il verso 'Usate clemenza verso tutti' (3.3.54) per l'effetto.

La scena che contiene il discorso di Agincourt, momento culminante dell'opera, esemplifica decisamente l'adattamento generale di Olivier. Inizia con un primo piano su Olivier/Enrico, e gira poi a dare il benvenuto al pubblico come soldati che lottano per la causa. Diventiamo noi stessi soldati nella guerra di Olivier: il pubblico del 1944 combatte questa guerra con Enrico. Olivier modifica apparentemente dei punti marginali per scopi precisi: gli storici e Shakespeare stesso riportano che avesse piovuto la notte precedente la battaglia del 25 ottobre ad Agincourt, tuttavia Olivier mette in scena questa battaglia su un secco campo primaverile, segnato da tende e vegetazioni variopinte. L'interpretazione idealistica di questa potente battaglia prende vita nell'Inghilterra straziata dalla guerra. La battaglia effettuata non doveva compiersi in una piovosa giornata di ottobre. Questo paesaggio doveva rappresentare un medioevo pittoresco, non un medioevo scomodo.

Olivier segue il discorso di Agincourt alla lettera, ma non nello spirito. Da che ha rimosso ogni riferimento all'Enrico preesistente come il selvaggio 'Hal', è costretto a recitare il discorso come un nobile. É un re che da motivazione ai suoi uomini, non un fratello che cerca una famiglia di guerrieri. A causa del permeante senso politico di vittoria, il re non ha bisogno di diventare un uomo comune. Il risultato della battaglia non è in questione, così coloro che combattono otterranno l'onore della vittoria, non quello di combattere accanto al loro fratello. La scena reale di battaglia dura solo pochi minuti, ed è inscenata come un intermezzo musicale. L'azione principale è la lotta di Enrico con il Delfino, che imita un buffone di corte, entrambi a cavallo, circondati da uomini acclamanti che non combattono. Rimanendo aderente allo spirito delle scene Shakespeariane di lotta fuori campo, una brevissima scena di folla che gira in tondo serve a rappresentare la battaglia corpo a corpo. La morte sul campo di battaglia è rappresentata da una mezza dozzina di corpi, in particolare francesi, che sembrano addormentati. La battaglia è pulita, la lotta senza sangue. Dopo aver saputo della vittoria, Enrico si allontana a cavallo lasciando la folla acclamante a esultare della facile vittoria. L'Enrico V di Olivier è la guerra al suo meglio; è la iperglorificazione della guerra. É una guerra senza conseguenze, senza sangue, gli onorevoli corpi pittorescamente sparsi su un campo pastorale. La battaglia originariamente combattuta per l'onore è stata vinta, ed è la vittoria che importa. La perdita non è un concetto nel film di Olivier. Il clima politico della Gran Bretagna nel 1944 era ben abituato a perdere. L'Enrico V di Olivier doveva essere altrimenti. Questa versione di Enrico V risulta veritiera al previsto pubblico dell'Inghilterra del 1944, perché avevano bisogno di un eroe. Adattamento intensamente riveduto, il film di Olivier serve ai suoi scopi politici.

 

Kenneth Branagh (1989)

In confronto all'adattamento per lo schermo dell'opera Shakespeariana da parte di Olivier, la versione di Kenneth Branagh è oppressa dalla perdita, sia quelle personali del re, sia la perdita nazionale che accompagna una guerra. L'adattamento di Branagh si ribella al film di Olivier in diversi momenti; in particolare, seri sopratoni religiosi sono sostituiti in 1.1 e 4.1, e il re combatte a fianco dei suoi uomini in trincea, anche trasportando via i corpi dei morti dal campo di battaglia, 4.8, azione non scritta nell'opera. Branagh non indirizza, ne dedica il film ad un pubblico particolare. Non è concessa attenzione a nulla al di fuori; il rigido personaggio del re è il principale argomento oggetto di studio nel film.

Il re di Branagh è un re riflessivo, e ad un tempo insicuro nelle sue azioni. Suo Zio, Exeter, è molto presente come personaggio e confidente, specialmente quando Enrico tratta con Canterbury in 1.2. In confronto al film di Olivier, in cui il re è il capo indiscutibile, Branagh combatte assieme ai suoi uomini come un loro pari, come specificato da Shakespeare. Il re è pienamente cosciente del suo passato, e del suo futuro. Il re di Branagh è un uomo comune, ancora nuovo al trono; nel suo carattere regale risuona il suo passato.

La scena della cospirazione e gli aspetti religiosi che erano stati tagliati dalla versione del 1944 vengono reinseriti, ritraendo, come afferma Branagh, "l'aspetto più crudele...della campagna militare inglese". Branagh drammatizza l'identità del re attraverso la raffigurazione di queste scene, e aggiunge anche dei dialoghi dall'Enrico IV, parte Prima e Seconda, per sottolineare la precedente relazione con Falstaff e la sua banda. Le revisioni sono minime rispetto alla trama dell'opera. Certe "oscurità Elisabettiane, in particolare nelle scene al Boar's Head" vengono rimosse in post produzione.

Altre rielaborazioni, in particolare le calorose scene nazionalistiche con Fluellen (5.1) sono sottotrame, e non necessarie a portare avanti l'azione. Queste revisioni non sono guidate da ragioni politiche, ma da limitazioni di tempo; in più, le altre scene vengono accentuate a causa delle omissioni. Le battute dei personaggi, per lo più, vengono slittate da un personaggio all'altro per aumentare l'effetto. Per esempio, nell'ultima scena del film, (5.2), i versi destinati in origine alla Regina Isabella sono detti da Enrico, per rinforzare il ruolo di Enrico come personaggio principale, senza influenzare la trama in alcun modo. Branagh mantiene Enrico come centro principale dell'opera. Attraverso queste revisioni e aggiunte, il pubblico realizza che Enrico era un tempo, e lo è ancora in parte, Hal; una tendenza che sottolinea il soldato e il re.

Il film mantiene l'incarnazione del personaggio a tutto tondo che Shakespeare ha descritto in tre delle sue opere.

Branagh rafforza e definisce il ruolo di Enrico V come re potente e intelligente, capace di separare le sue emozioni personali dalle istanze poste su di lui. Nelle scena della cospirazione, viene data priorità a Scroop, e i versi 2.2 sono resi come un estremo primo piano Enrico ferito, non particolarmente collerico, e il suo confidente un tempo fedele. L'Enrico di Branagh risponde personalmente all'attacco alla sua 'reale persona'. (2.2.167.) Al fine di sottolineare il ruolo reale che deve assumere, il suo amico deve morire, ma siamo in grado di avere una rapida visione del momento emozionale che Enrico e Scroop condividono a causa dell'angolazione di ripresa. Guardiamo in faccia Enrico, e poi Scroop. Siamo il re e il suo cospiratore.

Il momento climatico personale più forte per Enrico arriva più tardi, in un'altra scena tagliata da Oliver. Nella scena dell'accampamento, (4.1.289-305), Enrico prega Dio di concedere la vittoria ai suoi soldati. L'angoscia personale di Enrico nel suo ruolo commisto di soldato, uomo e re viene sottolineata, così come il personale senso di colpa che egli sente per l'usurpazione che commise suo padre con Riccardo II. La ripresa inizia come un lontano quadro di Enrico circondato dai suoi uomini addormentati. Vediamo una figura paterna che veglia i suoi protetti addormentati, poi la camera si avvicina al viso del re che prega Dio di perdonare e non ricordare l'usurpazione. Il pubblico è osservatore silenzioso della scena. La religiosità sentita tra quest'uomo e il suo re è resa solenne. Il pubblico osserva e collega la paura che quest'uomo sente. Egli si sente indubbiamente responsabile per i suoi uomini. Questo peso accentua il personaggio. Questa stessa solenne religiosità è soffusa nell'opera a causa della prima scena con Canterbury ed Ely (1.1). Anziché pazzi, essi sono mostrati come artefici tranquilli della relazione che la Chiesa ha con il neoincoronato Enrico, con dignità e quasi inganno. La scena riguardante la legge Salica avviene in una stanza scura, con un Enrico solenne che ascolta attentamente le rivendicazioni che potrebbero avallare uno spargimento di sangue. Ritratto come cauto nel maneggiare Canterbury, Enrico misura le parole con attenzione quando parla con l'Arcivescovo. Il suo verso più cauto, diretto a Canterbury: "Posso allora avanzare in giusta coscienza questa rivendicazione?" (1.1.96) è reso con lentezza da Branagh allo stesso livello dell'estremo primo piano.

Così, la Chiesa è l'avallo alla guerra, Enrico non è solo quando decide di invadere la Francia. Sebbene non direttamente comparabile, Branagh usa gli stessi temi di Shakespeare per descrivere la Chiesa Cattolica, ma non è il Cattolicesimo che Branagh sta criticando, ma le derivazioni e le motivazioni politiche della religione. Il commento cattolico non è necessario; è un commento sulla funzione della religione come entità culturale. In 1.2, la religione serve ad Enrico come avallo per entrare in guerra. In 4.1., serve ad Enrico come redenzione, per i peccati suoi e della sua famiglia.

Come nell'opera, le scene più determinanti del film sono quelle delle battaglie, accentate dai discorsi di Harfleur e Agincourt. Branagh inizia la ripresa da un punto lontano, e si avvicina. Nel film di Olivier, il pubblico è soggetto e ragione del discorso. Nel film di Branagh, il re è il principale personaggio e centro. Enrico rende il suo discorso davanti al rogo di Harfleur, un Enrico ansante che da motivazione ai suoi soldati. Guidato dalla passione bellica, raduna i suoi uomini attorno a sè in questo assedio.

Ad Agincourt, parla circondato dai suoi uomini stanchi, suadente come un fratello. Sono sporchi, laceri e inzuppati per la pioggia battente. In queste circostanze, il discorso di Enrico li riunisce in manipolo, vicini a lui, mentre la cinepresa segue i movimenti di Enrico. La scena e il discorso comunicano tutte le differenze sottolineate tra Hal e Enrico nell'opera. La macchina segue Enrico mentre cammina attraverso i suoi uomini, come uno di loro, parlando dell'onore che riceveranno e della Storia che li ricorderà. Il concetto di onore è introdotto per di cercare di aizzare gli uomini a vincere una guerra che persino il pubblico sente persa. Alla fine del discorso, i volti degli uomini sono bramosi; sono tutti re, che combattono con il loro fratello. Le scene delle battaglie di Harfleur e Agincourt differenziano l'interpretazione dell'opera di Shakespeare da quella del film di Olivier, e persino da Shakespeare stesso. La maggior parte della violenza rinascimentale avveniva fuori scena, e così nell'opera di Shakespeare. Si viene informati degli avvenimenti da placidi relatori che vanno e vengono dalla scena. Olivier aveva creato una guerra di gentiluomini, senza sangue o ferite, girata in scene corte. La produzione di Branagh si dilunga sulla battaglia di Agincourt in pieno rallentatore. Il campo è inzuppato di pioggia e sangue; non si trova salvezza o onore su questo campo di battaglia. Enrico combatte corpo a corpo con i francesi, e alla fine è insanguinato e stanco. Il pubblico non prova il desiderio di unirsi alla battaglia; si suppone che provi repulsione. La scena ha un forte significato ed esemplifica l'incredibile perdita di vite portata dalla guerra. La guerra, nell'adattamento di Branagh, non può essere glorificata per nessun motivo. Soprattutto, il film di Branagh interpreta l'opera di Shakespeare e, pertanto, una visione storica di Enrico V, con un filtro politico arricchito dalla paura e dalla sensibilità di un realistico periodo bellico. La guerra non è il mezzo per un fine; è un combattimento di individui, nemici, e più di tutto, emozioni. L'Enrico di Branagh è il centro focale del film; la lotta dell'uomo e re per la comprensione del pubblico.