"The Proposition" Usa 1998 Durata: 110 minuti Regia: LESLI LINKA GLATTER Personaggi e Interpreti: * PADRE MICHAEL MC KINNON (Kenneth Branagh) * ARTHUR BARRET (William Hurt) * ELEANORE BARRET (Madeleine Stowe) * ROGER MARTIN (Neil Patrick Harris) * HANNIBAL THURMAN (Robert Loggia)
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Locandina artificiosa (artificiale?), studiata apposta per inquietare: "Schiavi del desiderio. Prigionieri di un terribile segreto!" con tanto di sussultorio punto esclamativo in chiusura. Colore dominante: il rosso, guarda caso. Il Sangue, l'Amore, e il Sangue, la Morte. Eros e Thanatos. Colto questo, il resto è un pro-forma. Il guaio autentico di "La Proposta" è che il plot si brucia come una fiammella natalizia, facendo finta di scintillare ma lasciando, alla fine, poco più che cenere. Qualche spunto arguto, qualche riflessione parzialmente memorabile, ma anche tante (davvero tante) banalità, frutto di una dedizione troppo accademica allo strumento cinematografico. Se il cinema è una statua, questo film è un acquerello. Mancano spessore, profondità, direzione. Un senso di generale annacquamento pervade tutta la pellicola, e non solo perchè l'acqua (elemento di purificazione per la religione cattolica) ricorre a segnare i momenti più delicati e peccaminosi dell'intreccio, ma perchè la tensione non è mai accesa, tagliente, nervosa, ma continua a colare più o meno densa da una scena all'altra fino all'impalpabile epilogo, in cui una serie di battute scriteriate dissolve il pathos dell'epifania rivelatrice... La trama, anzitutto. Marito e moglie: lui, William Hurt, talmente debole da sembrare invulnerabile, apparentemente super partes, economicamente potentissimo ma banalmente (?) schiavo dei propri segreti, dei propri rimorsi, dei propri errori. Lei, Madeleine Stowe, moglie dalla luce riflessa (scrittrice entusiasta ma, volente o nolente, mantenuta dal marito) e dal corpo che chiede il sigillo di una nuova vita. Nel vero senso della parola: un bambino. Un figlio, più correttamente. Il marito non può materialmente aiutarla, ed è qui che il discorso si complica. La coscienza si scontra con il cinismo, l'acqua si scontra con il sangue, l'amore si scontra con la morte. Hurt "seleziona" il padre di "suo" figlio, un giovanotto di 24 anni con la freschezza ingenua di chi sente di voler amare a modo suo, fuori da ogni contratto. Così è: Roger Martin si innamora perdutamente di Eleanore, minacciando di rivelare tutto lo schema tessuto nel buio, nell'ipocrisia del più bieco benpensare alto borghese. E muore. Assassinato (nonostante si faccia credere che sia vittima di se stesso, del suo fervore giovanile, insomma di un suicidio inspiegabile). Contemporaneamente, Eleanore perde il bambino (faticosamente concepito), e la coppia rientra in crisi, consumata dal nulla che sa produrre. Consumata, logorata, dalla propria sterilità. Scossone: padre Michael è, da una parte, il nipote di Arthur Barret (figlio di un bastardo, odiato fratello, reo di avergli sottratto la prima fidanzata), e dall'altra innamorato di Eleanore. Ma è un prete. Inevitabile la copula tra i due: persino Arthur, in preda oramai a follia egofoba, acconsente, pur di vedere sua moglie incinta, pur di vederla felicemente madre di un figlio non suo, pur di vederla accanto a sè. E, altrettanto inevitabile, la tragedia: la donna, in attesa di due gemelli, muore durante il parto. I figli si salvano, ma su di loro incombe il peso di una maledizione, il peso del peccato. A chi devono essere affidati, questi due piccoli? Ad un padre che non è il loro, o ad un padre che non potrebbe esserlo? Lo svelamento dell'omicidio di Roger da parte della governante (soluzione ricca da pathos e memore della mano del Destino nella tragedia greca) concilia il compromesso: i gemelli ad Arthur, la salma di Eleanore a padre Michael. La dignità, purtroppo, a nessuno dei due. Persa, per sempre, tra improbabili perdoni che si mangiano la coda e testimonianze di fede ricamate ad interesse.
![]() "La Proposta" è una continua altalena di Fede, Buona Fede e Malafede. Che si mescolano tra loro, alla fine, senza pervenire ad un messaggio univoco, ad un epilogo limpido. Dio aleggia in questo film esattamente come aleggia nei "Promessi Sposi": Casualità che introduce a delle sciagure. Non c'è religiosità, non c'è teologia, non c'è un vero e proprio senso del Divino. Ci sono tanti lumini, c'è l'acqua che purifica (ma poi, lo fa veramente?), ci sono la Messa e la Comunione. I bla bla bla del caso ci sono tutti. C'è la Carne. Manca il Verbo. Questo a livello di Poesia. Il film in sè esiste poco, sotto il profilo strettamente cinematografico: fotografia piatta (con gli attori che sembrano recitare sempre su fondali di cartone), regia standard (per quanto ben compitata, assolutamente carente di impennate di talento vero e con riprese tutte uguali tra loro), sceneggiatura singhiozzante da film muto (satura di frasi banali, scontate, senza contenuto), montaggio senza qualcosa in più di un esercizio di accademia. La colonna sonora sembra dispensare con tecnica random sinfonie classiche e charleston allegri ma non troppo. Il film non ha avuto il minimo riscontro, nelle sale italiane. In videocassetta recupera qualche punto giusto perchè vederlo costa molto meno. Gli attori sono azzeccati, William Hurt ritrova lo smalto della sua Golden Age degli anni 80 e si impegna in un ruolo molto articolato sotto il profilo cerebrale. Riuscendoci. Kenneth Branagh è, a tratti, forse troppo freddo e poco combattuto. Ci si aspetterebbero i sussulti "epilettici" dell'Uomo contro Dio, e non ci sono. Espressivamente è, come al solito, all'altezza, ma con un brivido in meno e un po' di indifferenza in più. Per concludere, - "Più di ogni altra cosa la sorella di Shakespeare sarebbe stata un'anima umile, paziente e tollerante..." - "Anche con quello che le è stato negato?" - "Soprattutto con quello che le è stato negato..."
By Antonio Incorvaia - 1999
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